Alla vigilia del suo ventinovesimo compleanno, Nino viene travolto da una diagnosi devastante. Gli viene detto che deve iniziare un trattamento aggressivo nel giro di pochi giorni e che, se vuole avere la possibilità di costruire una famiglia, deve congelare il proprio seme. Una vita fatta di decisioni rimandate e impegni presi con leggerezza si trasforma improvvisamente in un’urgenza. A complicare le cose, Nino ha di nuovo perso le chiavi di casa, e questo lo spinge a un vagabondaggio riflessivo che si regge sulla disponibilità e la gentilezza di persone del suo passato.
Il film d’esordio di Pauline Loquès esplora questo momento di sconvolgimento con una sensibilità discreta e un umorismo delicato. Invece di indulgere nel sentimentalismo, Nino osserva la quotidianità: chiacchiere con vecchi amici, un breve incontro con un’ex e un momento toccante con la madre, che interpreta il suo silenzio come tutt’altro. Nino fatica a confidarsi con chi gli sta intorno, ma il peso della sua condizione è palpabile e trova eco nella città di Parigi, ritratta con una fotografia che ne mette in risalto la capacità di alienare. Il film scova attimi di quiete poetica nel frastuono urbano.
Théodore Pellerin offre un’interpretazione intensa e misurata, restituendo con finezza e grazia i turbamenti interiori di Nino. Per questo ruolo ha vinto quest’anno al Festival di Cannes il Louis Roederer Foundation Rising Star Award. Con Nino, Pauline Loquès firma un ritratto delicato e profondamente umano di un giovane che affronta la propria mortalità con sorprendente resilienza. Ne nasce una toccante riflessione su ciò che condividiamo — e su ciò che teniamo per noi — quando il tempo sembra improvvisamente accorciarsi.
